Indebito Pensionistico e Legittimo Affidamento
Nel sistema previdenziale può accadere che, anche a distanza di anni dalla liquidazione della pensione, l’INPS effettui controlli che conducano alla richiesta di restituzione di somme ritenute indebitamente corrisposte. Si tratta di un fenomeno noto come “indebito pensionistico”, la cui gestione presenta non poche criticità, soprattutto laddove vengano in gioco situazioni consolidate di buona fede e di legittimo affidamento da parte del pensionato.
Ma quali sono le principali fonti di indebito?
L’indebito pensionistico può derivare da diverse situazioni:
- Applicazione dell’art. 1, comma 707, della Legge 190/2014: La norma limita l’importo pensionistico rispetto al sistema pre-Fornero. Il controllo dell’INPS, effettuato anni dopo la liquidazione iniziale, può evidenziare differenze rispetto al tetto massimo consentito, generando indebiti.
- Differenze tra pensione provvisoria e pensione definitiva: In molti casi, il trattamento pensionistico iniziale è liquidato in via provvisoria. Se la liquidazione definitiva avviene con ritardo e comporta una riduzione, può sorgere un indebito a carico del pensionato.
- Ricalcolo derivante dalla concessione di pensione privilegiata definitiva: Quando successivamente alla liquidazione ordinaria viene riconosciuta la pensione privilegiata, il diverso sistema di calcolo può comportare la richiesta di restituzione di somme già corrisposte.
- Errori materiali nell’applicazione delle regole di calcolo: Anche semplici errori nell’inserimento dei dati o nella interpretazione delle norme possono generare indebiti che l’INPS tenta di recuperare a distanza di anni.
In tutti questi casi, pur partendo da un’azione di controllo legittima da parte dell’ente previdenziale, il pensionato può trovarsi esposto a richieste di restituzione rilevanti. Ma a questo riguardo ci domandiamo: sino a dove può spingersi il potere di recupero dell’INPS e quali sono, in concreto, i suoi limiti?
Il potere di recupero dell’INPS e i suoi limiti
In teoria, le norme obbligano l’INPS a vigilare costantemente sulla correttezza delle prestazioni erogate e a richiedere, ove necessario, la restituzione delle somme indebitamente corrisposte. Di fronte a una richiesta, pur legittima in astratto, spetterà tuttavia al pensionato, spesso ignaro delle complessità tecniche, attivarsi per contrastare la pretesa sulla base di alcuni principi giuridici di tutela.
Il principio cardine è quello del “legittimo affidamento“: se il pensionato, in buona fede e senza dolo, ha percepito somme che l’amministrazione ha erogato erroneamente, e se è trascorso un tempo considerevole senza interventi correttivi, egli può opporre una tutela giuridica alla richiesta di restituzione.
Ma per meglio comprendere come questi principi si applichino nella pratica, è utile esaminare un recente decisione che aiuta a delineare il margine di difesa riconosciuto al pensionato.
Quando il Tempo è galantuomo
La vicenda processuale esaminata riguardava un socio dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia (A.N.F.I.) che aveva percepito, sin dal 2017, un trattamento pensionistico provvisorio, successivamente rideterminato dall’INPS in via definitiva soltanto nel 2024. Ed infatti, con con provvedimento del 22.05.2024, l’Istituto previdenziale comunicava all’interessato l’annullamento del precedente provvedimento a seguito del riconoscimento della pensione privilegiata diretta che, previa effettuazione del doppio calcolo previsto dall’art. 1, comma 707, della legge n. 190/2014 e del relativo conguaglio, aveva comportato il pagamento di un importo non dovuto – dal 24.02.2017 al 30.06.2024 – calcolato al lordo, in € 13.712,01.
Esaminata la richiesta dell’Inps, lo Studio contestava la ripetibilità dell’indebito in argomento evidenziando la sussistenza di un affidamento legittimo, ostativo al recupero, corroborato anche dal lungo decorso del tempo trascorso dalla liquidazione provvisoria a quella definitiva.
La Corte dei Conti del Lazio con sentenza dell’aprile del 2025 ha definito il giudizio riconoscendo la fondatezza delle tesi difensive, dichiarando l’irripetibilità delle somme richieste dall’INPS.
L’arresto giurisprudenziale merita opportuna segnalazione perchè il giudice delle pensioni ha chiarito nella parte motiva della statuizione i limiti giuridici entro cui l’INPS può esercitare il potere di recupero, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale già affermato dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (sentenze n. 7/QM/2007 e 2/QM/2012), secondo cui: “In assenza di dolo dell’interessato, decorso un termine congruo, non può più effettuarsi il recupero dell’indebito, per il consolidarsi della situazione fondata sull’affidamento nell’amministrazione“. Ed ancora: “Il diritto – dovere dell’amministrazione di procedere al conguaglio può essere attenuato dalla situazione di legittimo affidamento maturata nel tempo, plausibilmente consolidatasi in un arco temporale superiore a tre anni“.
Per i Soci ANFI e per tutti i pensionati
La vicenda giudiziaria affrontata con successo dallo Studio insegna che anche di fronte a una richiesta apparentemente legittima dell’INPS il pensionato ha la possibilità di sterilizzarne gli effetti valorizzando alcuni aspetti:
- Il decorso del tempo: Più anni trascorrono senza contestazioni, maggiore è la possibilità di consolidamento della posizione del pensionato. Superati i tre anni, secondo l’indirizzo consolidato della Corte dei Conti, l’affidamento del pensionato si rafforza considerevolmente.
- La buona fede del percettore: In assenza di dolo, il pensionato deve essere tutelato. La difficile riconoscibilità dell’importo mensile percepito, affidata a calcoli complessi in capo all’ente previdenziale, rende ancora più remota l’ipotesi di una responsabilità del beneficiario.
- La concreta conoscibilità dell’errore: Se l’errore non era rilevabile con l’ordinaria diligenza, prevale il principio di affidamento. In particolare, laddove il pensionato non abbia strumenti idonei a rendersi conto della sovrastima del rateo, la sua posizione merita piena protezione.
E’ pertanto sempre consigliabile rivolgersi ad un legale esperto, al fine di valutare se ricorrano i presupposti per contestare con successo l’indebito pensionistico.