Depositata la Sentenza a Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale della Corte dei Conti
Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti con sentenza SS.RR. numero 1/2021, depositata in data 04/01/2021, si sono pronunciate sull’applicazione o meno dell’art. 54 del D.P.R. 1092\73 sui trattamenti pensionistici calcolati secondo il regime cosiddetto “misto”.
La materia del contendere può essere sintetizzata nel seguente quesito: “se la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell’art. 1, comma 12, della L. n. 335/1995, in favore dei militari cessati dal servizio con oltre venti anni d’anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantavano un’anzianità ricompresa tra i 15 e i 18 anni, debba essere calcolata invariabilmente con l’aliquota pari al 44% della base pensionabile di cui all’art. 54, oppure se tale quota debba essere determinata tenendo conto dell’effettivo numero di anni d’anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile”.
GLI ORIENTAMENTI DEL GIUDICE DELLE PENSIONI
La giurisprudenza del giudice delle pensioni ha elaborato nel corso del tempo molteplici soluzioni, dando vita a diversi orientamenti che così possono sintetizzarsi.
Il primo, interpreta la disposizione sopra richiamata riconoscendo al militare, che cessa il servizio con più di 20 anni di servizio utile abbia diritto ad una aliquota di rendimento del 2,33% per ogni anno di servizio sino al 15° e dell’1,8% dal 15° al 20°, esattamente come per il personale civile dello Stato (art. 44 d.P.R. 1092/1973). La specificità di cui all’articolo 54 consisterebbe, rispetto al personale civile, nel fatto di attribuire l’aliquota del 44%, in via eccezionale, al personale che al momento dell’andata in pensione abbia maturato complessivamente una anzianità compresa tra 15 e 20 anni. Soluzione, evidentemente, caldeggiata dall’INPS !
Il secondo orientamento, interpreta la norma nel senso di applicare l’aliquota maggiorata del 44% in corrispondenza dei 15 e 20 anni di servizio a prescindere dal servizio maturato al momento del congedo. In tal senso le anzianità inferiori al 15° anno sarebbero valorizzate al 2,33% l’anno per poi essere valutate al 44% in corrispondenza del 15° anno e restare ferme sino al 20° anno. Tale orientamento consentirebbe, pertanto, anche al personale cessato con 35 o 40 anni di servizio di ottenere l’aliquota di rendimento del 44% se al 31.12.1995 abbia raggiunto almeno 15 anni di servizio. Ciò con evidente e significativo incremento della parte retributiva della pensione.
Il terzo orientamento, sostiene che in corrispondenza del 15° anno di servizio effettivo vada applicata l’aliquota di rendimento del 44%, il coefficiente di rendimento debba essere del 2,93% l’anno e non del 2,33% per ogni anno di servizio utile per i primi 15 anni, per poi arrestarsi tra il 15° ed il 20° anno. In tal caso i benefici sulla pensione si estenderebbero anche a coloro che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 15 anni di servizio, dunque a tutti gli arruolati sino al 1995, i quali possono cioè, vantare anzianità da valorizzare con il sistema retributivo. Soluzione proposta anche dal Centro di Assistenza Legale dell’Anfi.
LA SOLUZIONE DELLE SS.RR.
Quale dunque delle tre tesi quella avallata dalle Sezioni Unite ?
Ebbene, la Corte ha trovato – rectius, “creato” – una ulteriore soluzione.
Va, però, anticipato che la richiesta dei ricorrenti circa il ricomputo delle pensioni liquidate con il riferito sistema, è stata accolta.
Le Sezioni Riunite hanno convalidato la tesi secondo cui la “quota retributiva” della pensione, da liquidarsi con il sistema “misto”, deve essere oggetto di revisione, sconfessando, pertanto, il primo orientamento giurisprudenziale seguito da diverse Corti Territoriali e, strenuamente difeso dall’I.N.P.S. che sino ad oggi, muovendo da un assunto “parallelismo” fra pensioni civili e militari, aveva parametrato in maniera identica le prime alle seconde.
Finalmente, con soddisfazione, si legge nella decisone in commento : “l’idea suggestiva di un parallelismo introdotto dal legislatore fra pensioni civili e militari nell’ambito della riportata norma trova infatti opposizione nel diverso regime riservato ai due ambiti e ciò principalmente in quanto -in estrema sintesi- l’art. 44 del DPR n. 1092/1973, essendo inserito nel Capo I (“Personale civile”), del Titolo III (“Trattamento di quiescenza normale”) del richiamato T.U., è destinato ad operare esclusivamente nei confronti del personale civile e non rappresenta appunto una “norma di sistema”; nei confronti del personale militare, invece, opera la speciale disciplina contenuta nel successivo Capo II (“Personale militare”) all’interno del quale è contenuto, per l’appunto, l’art. 54. Inoltre, non vi è alcun dato testuale che autorizzi a considerare le norme in senso speculare, neppure nelle note esplicative che hanno accompagnato il varo del citato decreto.
Sostiene, in definitiva, la Corte che al personale militare debba essere applicato l’art. 54 del D.P.R. 1092\73.
IL COEFFICIENTE DI RILIQUIDAZIONE
Il problema, però, è sorto allorché le Sezioni Unite, andando oltre il quesito posto dai giudici remittenti, hanno rideterminato il coefficiente che scaturirebbe dall’applicazione del riferito art. 54.
Alla domanda se la quota retributiva di una pensione liquidata con il sistema misto debba essere calcolata invariabilmente in misura pari al 44% della base pensionabile, l’alta Corte è andata oltre introducendo un inedito sistema di calcolo che di fatto ridimensiona le attese dei ricorrenti.
Secondo la Corte, infatti, la quota retributiva deve essere calcolata tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi nel 2,44% annuo.
La soluzione proposta nella decisione in commento sembra, dunque, frutto di un compromesso !
È evidente, infatti, che il coefficiente indicato dalle Sezioni Unite recherà una riduzione dell’incremento pensionistico che si stima essere pari al 70% rispetto alla totalizzazione con sistema di calcolo recante l’aliquota fissa del 44% per ogni anno di servizio utile così come indicato all’art. 54 del D.PR. 1092\73.
Del pari va, altresì, segnalato che il ricomputo attraverso il coefficiente “ideato” dalle Sezioni Riunite (2,44%) porterà ai pensionati un maggior o minor incremento della quota retributiva a seconda dell’anzianità contributiva totalizzata al 31.12.1995.
A titolo di esempio, un militare (luogotenente) con 15 anni e due mesi, beneficerà di un incremento annuo lordo pari ad € 705,35; mentre un militare con un’anzianità contributiva pari ad anni 17 e mesi 11 (brigadiere) l’incremento sarà pari ad euro 1.221 annuo lordo.
I LIMITI DELLE SS.RR.
Emergono forti perplessità su come i Giudici di merito recepiranno il contenuto della sentenza …, ma questo, a breve, lo constateremo sui banchi dei Tribunali !
Dall’esame della decisione sfugge, infatti, la soluzione all’ulteriore quesito, legato al coefficiente da applicare al personale liquidato con il regime misto ma non in possesso del requisito minimo dei 15 anni. La questione, invero, è trattata in uno degli ultimi capoversi della decisone ma in maniera, francamente, ermetica.
Non è, infatti, chiaro in che termini la decisione possa incidere su detto personale, posto che il dispositivo della sentenza espressamente esclude l’applicazione dell’aliquota al 44% ma non il coefficiente del 2,44%. Al riguardo è detto: L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Si ritiene, infatti, che il richiamo espresso all’esclusione dell’aliquota al 44% non possa, comunque, inficiare la l’applicazione “dell’inedito” coefficiente del 2,445%. Di là da ogni possibile ricostruzione, il problema di come trattare il personale liquidato con il regime misto ma non in possesso del requisito minimo dei 15 anni è rimasto irrisolto, in quanto per detto personale non viene “proposto” alcun coefficiente di liquidazione per gli anni svolti alla data del 31.12.1995.
Tuttavia, l’aspetto che preoccupa è legato al fatto che la Corte, nel prendere atto dell’assenza di un vuoto normativo, più volte denunciato nella decisone, ha essa stessa innovato il diritto, elaborando il proposto coefficiente di ricomputo delle pensioni pari al 2,44%.
Tale vicenda potrebbe innescare ulteriori contenziosi tesi a sindacare l’esercizio da parte della Corte di un potere ad essa non attribuito dall’Ordinamento.
IL FUTURO DELLE SS.RR.
Come si può ben intuire la vicenda è in evoluzione, ma a prescindere dai limiti indicati, pare che il punto centrale della vicenda processuale è stato recepito dalla Corte: l’applicazione dell’art. 54 del D.P.R. 1092/73
Ci sarà, dunque, un ricomputo delle pensioni che si spera possa essere commisurato nei termini indicati dall’art. 54 (aliquota fissa del 44% – 2,93% per ogni anno).
Ci rendiamo conto che ciascuno è portatore di domande specifiche derivanti dalla propria storia pensionistica ma è auspicio che alcune di esse possano aver trovato risposta in questa pubblicazione. Diversamente, siamo disponibili al confronto per ogni Vostro ulteriore necessario chiarimento.
Per avere un’idea della rivalutazione della propria pensione sulla scorta del coefficiente del 2,44% sarà necessario inviarci il MODELLO INPS SM 5007. Riceverete un prospetto elaborato su foglio di calcolo excel, elaborato dal Luogotenente Renzo Quondamstefano della Presidenza Nazionale dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia, Ente di cui mi onoro essere il responsabile del Centro di Assistenza Legale.
Mario Avv Bacci