CAUSE DI SERVIZIO IMPORTANTE NOVITA’ GIURISPRUDENZIALE … AL VIA IL RICONOSCIMENTO DELLE CONSEGUENZE DELLO STRESS SULLE AFFEZIONI DELLA PRESSIONE ARTERIOSA …
Una recentissima sentenza delle Corte dei Conti ha significativamente segnato la strada al riconoscimento del ruolo primario che lo stress ha sull’insorgenza di patologie arteriose legate all’ipertensione, anche nei casi in cui siano presenti, preesistenti e/o concomitanti, fattori personali e/o familiari tali da aver contribuito a “sotto il profilo concausale” ad “una più precoce insorgenza, dell’infermità in questione”.
La Corte, sulla scorta della relazione peritale del CTU, ha invero ritenuto che a prescindere da eventuali fattori personali, il forte stress debba essere considerato quale causa “favorita” all’insorgenza della malattia di tipo arterioso tanto che si è addirittura ritenuto che il grave carico nervoso possa determinare nel soggetto che ne è colpito, l’attitudine a sviluppare comportamenti potenzialmente dannosi quali il tabagismo.
C’è da dire che il riconoscimento della dipendenza dal servizio, ai fini del riconoscimento dell’equo indennizzo, era stata avallata sia dalla C.M.O. di Bari che dalla C.V.C.S., ritenendosi nella fattispecie l’affezione (ischemia acuta conseguente infarto) collegata ai turni notturni ed al carico di stress cui era stato sottoposto il dipendente. Detto giudizio, però, era stato contestato dall’INPS nella fase di riconoscimento della pensione privilegiata, successivamente avviata dagli eredi del de cuius.
Attesa la novità della pronuncia in materia ed anche al fine di consentirne una più esaustiva disamina, si reputa opportuno ripercorrere alcuni passi salienti della decisione della Corte dei Conti. Così è recato nella parte motiva: [..] “ è ben noto che lo stress possa influire in modo significativo sulla pressione arteriosa. Infatti, il carico lavorativo, specialmente se caratterizzato dall’obbligo di attendere servizi di particolare responsabilità, rappresenta certamente un’area di stress tanto inevitabile quanto senza dubbio definibile come a livello critico, per cui si realizza una esasperazione della performance che fatalmente si indirizza verso il patologico. Circa il ruolo sostenuto dallo stress e sulle varie fasi che dal normale conducono al patologico, la ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato lo stretto rapporto esistente con variazioni sostanziali indotte nel funzionamento fisiologico dell’apparato cardiovascolare e con l’innesco di meccanismi fisiopatologici ormai ben conosciuti a diretta conseguenza di stimolazione nEuro-endocrina di due tipi: una che comporta l’attivazione dell’asse simpatico-midollare del surrene con una risposta cardiovascolare a livello diretto di pronto intervento funzionale, e l’altra che comporta invece l’attivazione del sistema ipofisi-corticale del surrene con una risposta lenta ma persistente e con un’azione a livello metabolico cardiocircolatorio. La validità di tutti i fattori di rischio collegati allo stress e comunemente accettati, si basa sulla conoscenza dettagliata dei meccanismi postulati nella genesi e nello sviluppo della malattia ipertensiva: le risposte neuro-endocrine scatenate dagli stressors comprendono sia l’eccessiva produzione catecolamine (adrenalina e noradrenalina) che quella di corticosteroidi che potenziano le risposte vascolari adrenergiche alle catecolamine stesse. Come diretta conseguenza si crea il sovvertimento di numerosi parametri fisiologici quale l’aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, del consumo di ossigeno, dell’adesività e dell’aggregazione piastrinica con funzione trombogena. Sulla base di quanto esposto e si può affermare che l’organismo tenti di adattarsi allo stress, cioè ad un evento che tende a squilibrare omeostasi biologica, attraverso l’attivazione di varie funzioni endocrine e l’induzione di profonde modificazioni metaboliche ed emodinamiche: tali modificazioni, se ripetute e persistenti, sfociano inevitabilmente nel patologico.
Dall’esame degli atti emerge come le mansioni di Primario ospedaliero chirurgo svolte dal XX, così come desumibili dagli atti, fossero caratterizzate sia da una molteplicità di funzioni e direttive e di coordinamento, sia da turni di lavoro molto faticosi, sia da cronica carenza di personale quali imperniate di cospicuo stress psico-fisico ed inoltre tali da comportare responsabilità dirette di tipo giuridico e da coinvolgere la personalità dell’individuo anche al di fuori dell’orario di lavoro. Pertanto avevano assunto un “quantum” stressogeno di notevole rilevanza medico-legale in grado di favorire sia rialzi pressori sia azione trombogena, con i meccanismi sopra ricordati, estrinsecatisi infine con l’episodio ictale emorragico.”
In conclusione si deve ammettere la dipendenza sotto il profilo concausale, dell’infermità in questione che senz’altro è stata favorita nella sua insorgenza e più rapida evoluzione dal tipo di lavoro svolto dal de cuius, pur in presenza dell’abitudine tabagica. A tale proposito giova ricordare alcuni recenti lavori circa la correlazione tra stress lavorativo e malattie cardiovascolari. Uno dei più recenti è stato condotto dalla Queen’s University canadese e ha visto coinvolte 227 donne che lavoravano in ospedali come turniste. Lo studio, presentato in occasione del recente Canadian Cardiovascular Congress, ha concluso che il 17% delle donne che svolgevano turni di notte soffriva di sindrome metabolica e il 38% di ipertensione. Inoltre una lavoratrice su cinque manifestava almeno tre degli indicatori di rischio cardiovascolare: colesterolo alto, obesità addominale, ipertensione, elevati trigliceridi e bassi livelli di HDL. Una ricerca presentata in un congresso dell’American Hearl Association ha preso in esame più di 17mila donne impiegate nella sanità e ha concluso che le donne che svolgevano mansioni stressanti andavano incontro più facilmente a ictus e infarto, ma anche ad ipertensione, colesterolo alto e sovrappeso. Infatti lo stress psico-fisico, oltre ad agire con i meccanismi sopraricordati, favorendo l’ipertensione e l’aterosclerosi, determina più facilmente comportamenti di vita “sbagliati- quali l’abuso tabagico (come è avvenuto nel caso in esame) e le diete ricche di grassi”.
Ragion per cui, per quanto presenti alcune incongruenze dal punto di vista della sintassi, il predetto parere evidenzia con chiarezza che i predetti fattori personali possono avere anche contribuito, “sotto il profilo concausale” ad “una più precoce insorgenza, dell’infermità in questione” che, tuttavia, “è stata favorita nella sua insorgenza e naturale evoluzione dal tipo di lavoro svolto dal D.M.”. [..]
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