In un tempo di incertezze ed annunci di riforme futuribili, rivolte a ritoccare meccanismi e requisiti ai trattamenti pensionistici, di certo, come già riportato nel numero di gennaio di Fiamme Gialle, vi è l’impopolare legge finanziaria n. 145/2018, articolo 1 comma 260 e seguenti, che ha disposto ulteriori tagli alle pensioni Inps. L’intento sarà pure condivisibile, quello di reperire nuove risorse, ma è sbagliato il bacino del prelievo. Spiace, infatti, assistere ad una crescente ribellione morale per interventi che operano sulle pensioni e che, nel caso di specie si traducono o, in tagli – su quelle definite “falsamente” d’oro – o, che procrastinano il blocco della loro rivalutazione, al costo della vita. Nuovi tagli quindi che vanno ad aggiungersi a quelli che i Governi precedenti hanno imposto ai pensionati dal lontano anno 2000 ad oggi. Trattasi di misure di “risparmio” che avrebbero dovuto trovare ingresso già dal mese di aprile c.a. Tuttavia, complice forse la tornata delle elezioni Europee, gli annunciati tagli alle pensioni d’oro sono stati differiti a dopo le elezioni; mentre, è stata confermata la data del primo aprile per il recupero sulla pensione delle somme indicizzate, in applicazione della nuova rivalutazione sui trattamenti INPS. Il meccanismo della perequazione, infatti, si adeguerà a quanto previsto dall’articolo 1, comma 260, della Legge di Bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, nr. 145) con percentuali più basse rispetto a quelle sui quali è stato calcolato l’aumento della pensione dal 1° gennaio scorso. Da aprile 2019 scatterà, dunque, il conguaglio e l’Inps sta già recapitando una lettera con la quale comunicherà le trattenute sulle pensioni degli interessati. Pertanto, già nella pensione di maggio, molti pensionati saranno chiamati a restituire una parte dell’assegno accreditato nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2019. Le sorprese – verrebbe da dire -, per i pensionati, non finiscono mai ! E così, dunque, per effetto delle nuove disposizioni contenute nella legge di bilancio, le pensioni saranno adesso così indicizzate:
- assegni entro tre volte il trattamento minimo (1.522,26): rivalutazione al 100% dell’1,1%;
- assegni tra le tre (1.522,27) e le quattro volte (2.029,68): rivalutazione al 97%, ossia del 1,06%;
- assegni tra le quattro (2.029,69) e le cinque volte (2.523,10) il trattamento minimo: rivalutazione al 77%, ossia allo 0,84%;
- assegni tra le cinque (2.537,11) e la sei volte (3.044,52) il trattamento minimo: rivalutazione al 52%, ossia allo 0,57%;
- assegni tra le sei (3.044,53) e le otto volte (4.059,36) il trattamento minimo: rivalutazione al 47%, ossia allo 0,51%;
- assegni tra le otto (4.059,37) e le nove volte (4.566,78) il trattamento minimo: rivalutazione al 45%, ossia allo 0,49%;
- assegni oltre le nove volte (4.566,79) il trattamento minimo: rivalutazione al 40%, ossia allo 0,44%.
In sostanza il conguaglio negativo interesserà i trattamenti superiori ai 2.029,68 Euro lordi i quali, pertanto, saranno oggetto dell’azione di recupero da parte dell’Inps. Si è calcolato che lo Stato, con la nuova stretta perequativa, risparmierà 2,29 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Trattasi, però, di misure che incidono su di una categoria che dal 2000 ha subito ed a tutt’oggi subisce, a vario titolo, tagli su diritti guadagnati sul “campo”, con dedizione, sacrificio e rischio per la propria incolumità personale. Tuttavia, la frenetica ricerca di sempre nuove risorse, attraverso meccanismi che in passato hanno posto e tuttora pongono al centro i redditi dei pensionati, fa sorgere in questi il dubbio che tutto sia aggredibile, compreso i loro diritti acquisiti, salvaguardati da una Carta Costituzionale che appare non più ago direzionale ma essa stessa esposta ed in balia ad interpretazioni del momento, rese necessarie per assecondare contingenze nuove e non sempre condivise.
Il Centro di Assistenza Legale e Pensionistica dell’A.N.F.I., di là dal prendere atto e dare risonanza ai provvedimenti afflittivi che incidono sulla vita dei pensionati, ritiene utile contrapporre una iniziativa legale che non solo, può costituire forma di rivendicazione dei diritti ma anche, di “protesta”, rispetto alla pratica che vede spesso al centro della “politica del risparmio” i trattamenti dei pensionati. E’ auspicabile dunque dare avvio ad un’azione di contestazione, nelle forme democratiche del ricorso collettivo, non solo, ad argine delle trattenute richieste ma, ad impulso della necessità di adeguamento delle pensioni all’effettivo costo della vita. V’è necessità, infatti, di chiedere tutela per i trattamenti previdenziali, da anni bloccati, ed al contempo di collocare i pensionati al centro delle politiche finanziarie, non più come soggetti passivi ma come cittadini titolari di diritti incomprimibili, così come recentemente affermato anche dal Giudice delle Pensioni in una decisone già oggetto di commento da parte di questo Centro di Assistenza Legale. Una sentenza rispettosa della Costituzione che si reputa possa trovare accoglienza solo attraverso la partecipazione collettiva dei Soci all’auspicata iniziativa.