Una recente sentenza della Sezio- ne Giurisdizionale per la Regione Puglia, qui in commento, affronta
il tema della determinazione dei meccanismi volti ad assicurare l’adeguamento del trattamento pensionistico.
La decisione in esame, per le conclusioni cui perviene il Giudice al termine delle argomentazioni esposte nei motivi di diritto, è di notevole interesse.
Non si può infatti nascondere la portata che la stessa possa avere soprattutto nei riguardi del personale collocato in quiescenza da anni e, più specificamente, a tutto il personale appartenente al comparto pubblico il cui trattamento previdenziale risulta compresso da tutta una serie di fattori interni ed esterni che hanno eroso il noto principio di proporzionalità ed adeguatezza del trattamento di quiescenza, sancito nel rispetto dell’art. 36 della Costituzione che recita: “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Garanzie di esigenze minime della per- sona oggi fortemente a rischio anche in conseguenza dell’altrettanto noto fenomeno di adeguamento – rectius mancato adeguamento della lira all’euro ovvero all’omesso aggancio alle dinamiche economiche del costo della vita che, inevitabilmente hanno colpito le pensioni dei tanti dipendenti statali bloccate da tempo immemore.
Ed è su questa considerazione che il con- vincente ragionamento del giudice sembra aver fatto breccia, nell’ormai consoli- dato orientamento della Corte Costituzionale, che da tempo ha affermato l’inesistenza di meccanismi che possano garantire l’adeguamento automatico delle prestazioni pensionistiche.
Infatti, se è vero, come ha ricordato il Giudice delle Pensioni nella sentenza in commento che la Suprema Corte ha sempre negato l’esistenza di un principio (…)“costituzionale che possa garantire l’adeguamento costante delle pensioni agli stipendi, spettando alla discrezionalità del legislatore determinare le modalità di attuazione del principio sancito dall’art. 38 Cost. ..” è altrettanto vero che “l’eventuale verificarsi di un irragionevole scostamento tra i due trattamenti può costituire un indice della non idoneità del meccanismo scelto dal legislatore ad assicurare la sufficienza della pensione in relazione alle esigenze del lavoratore e della sua famiglia”.
Partendo da tali dati ermeneutici, il Giudice delle pensioni, nel prendere atto che “nella presente situazione delle pensioni del settore pubblico.. non si può individuare più l’esercizio di una discrezionalità legislativa nell’attuare – sia pur variamente – l’adeguamento costante tra i due tronconi del trattamento retributivo (quello di attività e quello pensionistico) ma si debba parlare di una completa negazione di quel principio di “solidarietà” tra i lavoratori e pensionati”, ha ritenuto che debba essere affermato il diritto alla perequazione del trattamento pensionistico, con aggancio ai miglioramenti economici concessi al personale di pari qualifica ed anzianità in attività di servizio in applicazione degli articoli 36 e 38 della Costituzione.
Decisione dunque che sembra davvero segnare un punto di svolta per tutti i pensionati.
Diritto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza – è bene ricordare – che potrà trovare asilo solo in ambito di rivendicazione giudiziaria per il principio del divieto di estensione del giudicato. Secondo, infatti, costante giurisprudenza di merito l’estensione degli effetti di un giudicato a soggetti estranei alla lite, ma titolari di posizione giuridiche del tutto analoghe alla fattispecie decisa, non costituisce per l’Amministrazione adempimento di uno specifico obbligo. Pertanto, attesa la portata invero innovativa della decisione che, per motivi di spazio, viene riportata sul sito dell’Associa- zione Nazionale Finanzieri d’Italia – www.assofinanzieri.it – si sta valutando, con la Presidenza Nazionale, l’avvio di una iniziativa a tutela del personale in quiescenza che ne farà richiesta